Scomparso il prof. Alessandro Chiusoli

Il 24 gennaio 2022 il prof. Alessandro Chiusoli avrebbe compiuto 88 anni. Invece, 10 giorni prima, ci ha lasciato. In silenzio. Esattamente come è uscito dall’ambito accademico e professionale: in silenzio. Attorno a me però tutto parla di lui. Ha sempre parlato di lui. Non c’è convegno, seminario, ciclo di lezioni in cui debba per forza di cose citare il suo nome. Le idee, le soluzioni, le tecniche che divulgava allora sono rimaste sempre attuali.
Ma chi era Alessandro Chiusoli?
Ho potuto conoscere a fondo una persona che oggi chiameremmo d’altri tempi. Un gentiluomo, innanzitutto. Premuroso con i collaboratori prima per la loro salute, poi affinché si trovassero sempre a loro agio; certo, sacrifici si, ma tanta riconoscenza. Corretto, coerente, riservato, riflessivo, sempre. Ho avuto la fortuna di conoscerlo fin dagli anni ’80, in epoca in cui mai e poi mai avrei pensato di arrivare ad essere considerato il suo immeritato “erede”.
Professionalmente iniziò il suo percorso in arboricoltura, con il prof. Baldini, per poi “inventarsi” ad Agraria prima il corso di “floricoltura e giardinaggio” e poi “paesaggistica parchi e giardini”. Nel 1999 esce “la Scienza del Paesaggio”, il compendio, tipo Bignami, sul verde ornamentale, sia per progettazione che per manutenzione. Ancora il testo consigliato da me a lezione, che a questo punto dovrò aggiornare in suo onore. Le innumerevoli cariche e i vari riconoscimenti sono facilmente desumibili in rete, per cui evito volentieri un lungo elenco.
Creò e diresse L’A.U.B., l’azienda agraria dell’università di Bologna, sezione Parchi e Giardini. Si curavano e progettavano tutte le aree a verde dell’Ateneo, applicando tecniche nuove e sperimentazioni, con risultati ben differenti dagli attuali, in gestione esternalizzata. Cominciai a lavorare con lui quasi per caso, dopo la laurea, nel 1986. Il mio compito: redigere computi metrici estimativi di parchi e giardini. Nuovi nomi, mai sentiti prima nemmeno a botanica sistematica, mi frullavano sui primi PC Olivetti M19. E non capivo nemmeno i disegni di nuvole e cerchi che rappresentavano arbusti ed alberi. Poi mi mette alla direzione dei lavori di un parco pubblico di 35 ettari a Cesenatico e del restauro di un parco storico a Castelfranco Emilia.
Si impara più sul campo che sui libri, diceva sempre. Non a caso quando dirigeva L’azienda agraria dell’università di Bologna, sezione parchi e giardini, i tirocinanti ed anche operai agricoli avventizi eravamo sempre noi.
Per lui la ricerca era il connubio tra tecnica innovativa ed applicazione. Sostenibilità e resilienza sono due parole che non gli uscirono mai dalle labbra, ma che erano chiaramente presenti in tutte le sue progettazioni. Semplicità, proporzioni, bassa manutenzione, logica; così il progetto che costruisci oggi rimarrà leggibile nel tempo, mi diceva. Progetti silenziosi, non eclatanti, ma perfetti. Leggibili anche dopo 30 anni. Ovviamente non progettò mai un “giardino effimero”; il verde deve durare, diceva, impegniamoci in progetti che abbiano una sostanza e che possano essere fruiti nel tempo e da tante persone. Piantumare e essenza, che fosse erbacea od arborea, erano due parole bandite dal suo vocabolario: lasciale agli architetti, diceva. La prima non esiste, la seconda si riferisce a profumi od a termine filosofico o chimico, mi diceva.
Una cultura a 360°, che gli permetteva di rispondere sempre all’altezza, in ogni circostanza. Dai trattati in dialetto bolognese, all’articolo scientifico, fino al redazionale de Il giardino Fiorito, rivista che diresse per decenni: linguaggi appropriati che colpivano nel segno. Il ragionamento su tutto. Capire le cose scomponendole, come faceva nella costruzione dei paesaggi.
Prof., perché quei pini inclinati a 45° non cascano, gli chiesi nel 1990 a Firenze andando a Piazzale Michelangelo un giorno. Mi disse: chiediti perché stanno in piedi e capirai il perché. Il suo modo di concepire la ricerca. E da lì iniziai le mie ricerche sulla stabilità delle alberature.
Ora basta. I ricordi sono tantissimi, gli insegnamenti ancora di più. E questi resteranno sempre a disposizione di tutti i suoi allievi, che ha sempre rispettato ed amato.

Alberto Minelli