XYLELLA-CODIRO: una giornata di studio all'Università di Bari

Il Gruppo di Lavoro Olivo e Olio della Società di OrtoFloroFrutticoltura Italiana (SOI) ha organizzato nell’Aula Magna di Agraria dell’Università di Bari, lo scorso 26 giugno, una giornata di studio sul ruolo della ricerca nel controllo del CoDiRO, con il patrocinio dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio. La giornata ha avuto l’obiettivo di illustrare le più recenti acquisizioni su eziologia ed epidemiologia della malattia e di indicare alcune linee operative, scientificamente sostenute, per il controllo della grave epidemia batterica in atto nella Puglia meridionale. La prima sessione è stata dedicata agli aspetti patologici ed entomologici del CoDiRO, al fine di acquisire elementi scientifici aggiornati. La seconda sessione è stata articolata in interventi programmati, dedicati alla presentazione delle consolidate esperienze agronomiche maturate da parte dei colleghi arboricoltori, e nel successivo dibattito aperto al confronto tra tutti i convenuti. La giornata nazionale è stata voluta proprio come prima occasione di incontro dei ricercatori e dei tecnici coinvolti, ognuno per le proprie competenze, il cui apporto è essenziale al fine di formulare ipotesi e proposte di lavoro, per stabilire ed attuare una strategia multidisciplinare per il controllo del CoDiRO. Alla giornata hanno partecipato oltre 200 persone, tra cui docenti di diverse Università italiane, ricercatori del CNR, del CRA e del CRSFA, professionisti (non solo agronomi e forestali, ma anche medici, ingegneri, avvocati e commercialisti), imprenditori, rappresentanti delle associazioni di categoria e degli ordini professionali, funzionari di sei Regioni, tecnici dei consorzi di difesa, giornalisti, studenti e semplici cittadini. Di seguito si riportano gli interventi a carattere scientifico su tematiche specifiche.

L’olivicoltura negli areali infetti da Xylella CoDiRO

L’intero territorio della provincia di Lecce è stato dichiarato ‘zona infetta’ (art.4 comma 2 DEC-UE 2015/789 del 18 maggio 2015). Salvatore Camposeo, docente di arboricoltura dell’Università di Bari Aldo Moro ha sintetizzato i tratti essenziali della olivicoltura leccese, estesa su 97 mila ettari (di cui 1,5% a DOP e 10% in biologico) e che rappresenta il 9% della olivicoltura nazionale. La illuminata politica agraria borbonica di Carlo III determinò negli anni Quaranta del ‘700 un notevolissimo ampliamento della superficie olivetata, soprattutto in Terra d’Otranto, con una serie di leggi di esenzione da decime feudali: l’obiettivo era incrementare la produzione di olio lampante soprattutto per il mercato estero. Per secoli questa fiorente attività ha rappresentato la ricchezza del Salento ed ancora oggi l’olio lampante costituisce oltre un terzo della produzione olearia salentina. Alberi di grandi dimensioni (anche superiori a 10 m di altezza) posti a sesto molto ampio (con densità inferiori a 70 alberi per ettaro), turni di potatura poliennale ed accentuata alternanza di produzione sono in relazione con la raccolta meccanica da terra, effettuata periodicamente attendendo la cascola naturale delle olive. La base elaiografica è ristrettissima, basata su due cultivar a drupa piccola (1,5 g) assolutamente dominanti: l’Ogliarola salentina (Cima di Mola) e la Cellina di Nardò. Accanto a questa olivicoltura secolare in asciutto, non mancano tuttavia esempi di olivicoltura più recente in irriguo, per la produzione di oli vergini ed extra vergini, anche di buon livello. La marginalità economica di buona parte della olivicoltura tradizionale salentina, e non solo, gestita a conduzione diretta (98% aziende), fondata sull’autoconsumo (60% produzione) ed estremamente frazionata (il 65% aziende ha dimensione inferiore all’ettaro) è motivo di diffuso abbandono, con conseguente deperimento degli alberi.

La collocazione tassonomica del ceppo salentino di X. fastidiosa

Giovanni P. Martelli, professore emerito di patologia vegetale dell’Università di Bari Aldo Moro, ha ricostruito il percorso storico della ‘malattia di Pierce’, dai primi danni accertati su vite nel 1882 in California fino agli anni Settanta del XX secolo con la scoperta di cellule batteriche nei vasi legnosi di viti infette, seguita dall’isolamento in coltura di un batterio Gram-negativo, cui fu imposto il nome di Xylella fastidiosa, trasmesso da cicaline xilemomize, piccoli insetti Rincoti Cidadellidi specializzati nel nutrirsi di linfa xilematica. Xylella fastidiosa (Xf) si è evoluta in isolamento geografico in quattro sottospecie con diversi centri di origine, dotate di patogenicità differenziale. L’unica segnalazione di infezione su olivo si riferisce a Xf sottospecie multiplex in California, dove colpisce anche le drupacee. Ma non è questa la sottospecie che infetta gli olivi salentini. L’identificazione del ceppo salentino di Xf è stata effettuata con il “multilocus sequence typing”, basato sulla espressione di sette geni costitutivi che esprimono proteine ed enzimi fondamentali per la vita della cellula. Si è costruito in tal modo l’“albero filogenetico” del ceppo salentino di Xf e si è dimostrato che esso rientra nel gruppo di Xf sottospecie pauca che colpisce agrumi, caffé e molte specie ornamentali nel sud America. Un ceppo geneticamente identico è stato individuato in Costa Rica, che pertanto è il Paese più fortemente indiziato come origine del batterio salentino. La collocazione tassonomica del ceppo salentino di Xf, definito ‘ceppo CoDiRO’, ha trovato conferma a seguito al completo sequenziamento del suo genoma, costituito da una molecola di DNA di circa 2,5 milioni di basi che esprime circa 1300 proteine.

Xylella fastidiosa e disseccamento rapido dell’olivo

Maria Saponari, ricercatrice dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante, CNR – UOS di BARI, ha evidenziato come all’inizio dell’epidemia il CoDiRO abbia interessato soprattutto alberi secolari e che sembrano implicati tre diversi agenti: (i) il lepidottero Zeuzera pyrina il quale scava nei tronchi e nelle branche delle gallerie che facilitano l’ingresso di (ii) miceti, tra cui prevalgono quelli dei generi Paheoacremonium e Pheomoniella che invadono il legno necrotizzando le cerchie attive dell’annata e (iii) Xylella fastidiosa, un batterio da quarantena per l’Europa, notoriamente molto pericoloso per i danni causati su molte specie vegetali (colture agrarie, forestali, ornamentali,ecc.), trasmesso da cicaline , e che si moltiplica nei vasi legnosi occludendoli. Mentre la presenza e la diffusione del rodilegno e delle specie fungine è nota e segnalata su olivo in diverse aree di coltivazione, per X. fastidiosa si tratta del primo ritrovamento, nel continente europeo, di infezioni conclamate in pieno campo. Quest’ultimo si propone come il più importante (e pericoloso) degli “attori” implicati nel CoDiRO. La presenza del batterio in piante di olivo viene infatti costantemente riscontrata in associazione con la presenza di sintomi tipici di disseccamento rapido, e la sua diffusione ed espansione negli areali olivetati, segue lo stesso pattern di diffusione della sintomatologia del CoDiRO. Prove di infezione artificiale di piantine di olivo sono tutt’ora in corso per acquisire ulteriori informazioni sul ruolo eziologico del batterio. L’aspetto rilevante sinora emerso sulle piante inoculate artificialmente, è la maggiore replicazione e movimento del batterio nelle piantine della cultivar Cellina di Nardò, una delle due cultivar più diffuse nella penisola salentina, assieme all’Ogliarola salentina, e più suscettibile al CoDiRO, e nei semenzali, rispetto alle piantine delle cultivar Coratina, Leccino e Frantoio, attualmente oggetto di sperimentazione. È proprio sulle piantine infette di Cellina di Nardò che a circa 6 mesi dall’infezione sono stati osservati i primi sintomi, se pur non consistenti su tutte le repliche, di bruscature fogliari. Le osservazioni proseguiranno per un arco temporale da definirsi in relazione alla evoluzione delle infezioni e delle risposte delle piante in condizioni controllate. Gli aspetti affrontati nel piano di azioni di ricerca urgenti messo in atto dalla Regione Puglia con le Istituzioni di ricerca pugliesi, ha fatto riferimento in primis alla determinazione della subspecie batterica, allo sviluppo di strumenti diagnostici accurati, alla individuazione del principale vettore responsabile della grave epidemia di infezioni. Acquisite queste informazioni basilari per implementare, le attività sono state quindi indirizzate ad implementare sperimentazioni relative al controllo e contenimento dell’impatto delle infezioni. Tra queste, sono di rilievo le attività finalizzate alla valutazione della diversa suscettibilità dell’ampia gamma varietale di cui si compone il germoplasma olivicolo. Nello specifico ricerche sono state attivate per la caratterizzazione delle reazioni di tolleranza osservate con rilevante frequenza sulle piante della cultivar Leccino.

Funghi xilematici e disseccamento rapido dell’olivo

Le indagini svolte finora dal prof. Franco Nigro, associato di patologia vegetale presso il Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, hanno consentito di identificare diverse specie fungine associate al complesso del disseccamento rapido dell’olivo (CoDIRO). Oltre alle specie già note e riconducibili a Phaeoacremonium spp., sono state identificate diverse specie di Neofusicoccum (N. australe, N., vitusiforme, N. mediterraneum) ed è stata valutata la loro frequenza di isolamento sia nelle aree infette che in quelle indenni da Xylella fastidiosa (Xf). I risultati dimostrano che tali specie sono più frequentemente isolate all’interno delle aree infette dal batterio ma si ritrovano anche su piante deperienti al di fuori delle aree infette. Alcune isolati fungini, invece, originariamente descritti come Phaeomoniella spp., sono risultati ristretti esclusivamente alle aree infette (dati relativi a circa 300 campioni prelevati dalle zone infette) e sono stati ottenuti, oltre che da olivo, anche da altre specie affette da Xf, come mandorlo e Acacia saligna. Si tratta di funghi a crescita molto lenta sui più comuni substrati di laboratorio, con una morfologia propria di Coelomiceti che diventa lievitiforme con l’età. L’analisi delle sequenze di regioni target per l’identificazione molecolare (ITS, ß-tub, TEF, Calm, GDPa, etc.) non ha fornito percentuali di omologia utili all’identificazione, essendo le sequenze disponibili in banca dati diverse e non rispondenti ai parametri generalmente accettati per definire una specie. Lo studio e la caratterizzazione degli isolati ha evidenziato caratteri di unicità all’interno del gruppo delle Phaeomoniellales, rendendo necessario l’istituzione di un nuovo genere, denominato Pseudophaeomoniella Nigro, Antelmi & Crous, gen. nov. All’interno del nuovo genere sono state allocate due nuove specie: P. oleae Nigro, Antelmi & Crous, sp. nov. e P. oleicola Nigro, Antelmi & Crous, sp. nov., per le quali è stato ottenuto il numero identificativo MycoBank (MB812471 e MB812472, rispettivamente). L’analisi delle caratteristiche di patogenicità e di virulenza ha dimostrato, ad oggi, che tali isolati, inoculati in piante di olivo, determinano un rapido e significativo imbrunimento dei vasi xilematici attivi. Estratti colturali, invece, hanno determinato significativi sintomi di disseccamento e necrosi dei tessuti fogliari, rendendo necessario un ulteriore lavoro di caratterizzazione chimica e biologica. Allo scopo di verificare la presenza di tali nuove specie anche in aree esenti da Xf, sono stati esaminati alcuni campioni di legno da branche e da fusto di piante di olivo con sintomi di deperimento, presenti in oliveti situati nel nord della Puglia (Andria e Cerignola). I risultati, tuttavia, hanno dato esito negativo.

Epidemiologia e controllo di Philaenus spumarius L., vettore di Xylella fastidiosa CoDiRO

Il gruppo di ricerca costituito da Vincenzo Cavalieri (CNR IPSP UOS Bari), Crescenza Dongiovanni (CRSFA Locorotondo BA), Daniele Cornara (DiSSPA–UNIBA, Sez. Entomologia e Zoologia) coordinato da Francesco Porcelli, associato di entomologia agraria presso il Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, ha individuato nell’Aphrophoridae (Hemiptera) Philaenus spumarius L. (Sputacchina maggiore o Sputacchina dei prati) il vettore del ceppo CoDiRO di Xylella fastidiosa subspecie pauca, e ha ritrovato colonie di bacilli adesi e caratteristicamente eretti sulla superficie esterna dello stomodeo; l’attenzione del gruppo di ricerca si è quindi spostata verso la formulazione di efficaci strategie di controllo. A tal fine è stato necessario confermare le conoscenze sulla biologia dell’insetto, che per il Salento erano poche ma coerenti con quanto noto per la stragrande parte dell’areale della specie. Dopo due anni di campionamenti e osservazioni mirate, sembrerebbe che la biologia delle popolazioni del Salento si basa su un ciclo univoltino, trascorso per circa quattro mesi da uovo, per due-tre come stadi giovanili e per gli ultimi cinque-sei mesi da adulto. Lo studio delle interazioni fra la biologia del vettore, l’olivicoltura e le consuetudini salentine permette di individuare due punti chiave nella biologia del vettore per eseguire le attività di controllo e ottenere la massima efficacia dei fattori di mortalità (= mezzi di controllo) scelti per limitare le popolazioni del vettore. I due punti chiave sono il penultimo (4°) stadio giovanile e i primi 20-30 giorni di vita adulta del vettore. I due mezzi di controllo consistono in un intervento meccanico di scerbatura contro gli stadi giovanili e un intervento chimico adulticida con insetticidi sistemici bidirezionali a spiccato effetto abbattente, da somministrare solo alle piante di olivo. Sono escluse dagli interventi le aree non coltivate seminaturali o ritenute naturali del Salento. I modelli di IPM a moderata e massima intensità, offerti alla discussione, consentono di contenere al solo 24% l’impatto del controllo chimico con insetticidi di sintesi; mentre il controllo meccanico prevale con un impatto del 58%. Un residuo 18% riguarda l’uso di prodotti chimici di sintesi non insetticidi. Gli impatti sono stati calcolati utilizzando indici d’impatto per le singole azioni che tengano conto delle superfici e dei tempi di applicazione delle singole azioni di controllo che contribuisco all’impatto totale del mezzo di controllo studiato. Il controllo nelle aziende in BIO resta, per ora, il punto debole della logica a disposizione per la gestione delle popolazioni del Philaenus spumarius. Quest’anno (2014-15) abbiamo potuto costatare l’efficacia del controllo meccanico contro gli stadi giovanili del vettore, che riduce le popolazioni anche oltre l’80%. Purtroppo, le note sentenze del TAR hanno impedito di eseguire anche la seguente cruciale azione di controllo chimico contro gli adulti. Quest’azione ci avrebbe offerto non solo dati interessanti sulla capacità totale di controllo della strategia proposta in un anno di esecuzione ma soprattutto la possibilità di valutare l’impatto del controllo eseguito l’anno precedente sulla numerosità della popolazione dell’anno seguente. Quest’ultimo aspetto è importante per offrire sostenibilità alla visione dell’olivicoltura Salentina, che vede l’infezione espandersi sul territorio e manifestare i propri sintomi almeno uno-due anni dopo la trasmissione. Potrebbe essere già tardi per evitare che la Xylella fastidiosa dilaghi in aree a Nord del Salento con spiccata vocazione olivicola, oggi ancora apparentemente indenni.

Proposte agronomiche per il controllo di Xylella fastidiosa-CoDiRO

Sulla base delle esperienze maturate per altre batteriosi dei fruttiferi, sono stati delineati possibili interventi di gestione agronomica dell’oliveto per il controllo del CoDiRO, sia a livello preventivo che contenitivo. I riferimenti più importanti sono rappresentati da tutte quelle malattie causate da Xylella fastidiosa e trasmesse da cidadellidi, quali la clorosi variegata degli agrumi, la malattia di Pierce della vite e la bruscatura delle drupacee, ma anche la batteriosi del kiwi, causata da Pseudomonas syringae pv. actinidiae, questa però non trasmessa da vettore. Riccardo Gucci, professore ordinario di arboricoltura all’Università di Pisa, ha evidenziato innanzitutto una diversa sensibilità varietale e diversi gradi di recupero a seconda della cultivar e del portinnesto; inoltre la giovane età degli alberi e gli squilibri nutrizionali giocano a sfavore, almeno su vite e kiwi. Nel caso dell’olivo è stata notata una maggiore resistenza a Xf delle cultivar Leccino e Frantoio, che va confermata con successivi test di laboratorio e soprattutto di campo. Queste osservazioni aprono la porta ad ulteriori indagini: andrebbero saggiate le altre cultivar della ricca piattaforma elaiografica nazionale ed non, almeno cominciando dalle più importanti, alla ricerca di varietà tolleranti e, magari, resistenti. E’ nota infatti una grande variabilità nelle caratteristiche anatomiche del tessuto xilematico e nel comportamento ecofisiologico delle cultivar di olivo. Inoltre, andrebbero intrapresi specifici programmi di miglioramento genetico, con risultati certo non immediati ma ci auguriamo molto efficaci. La potatura è uno strumento fondamentale di controllo delle batteriosi dei fruttiferi. Infatti, hanno trovato efficace applicazione in agrumi, kiwi, vite e drupacce l’eliminazione, l’allontanamento e la distruzione dei residui di potatura e, nei casi più gravi, degli alberi infetti. Pertanto, anche negli oliveti infetti da Xf è ipotizzabile che possa risultare utile tenere gli alberi in buono stato di salute e di attività vegetativa (nutrizione, difesa fitosanitaria), evitando potature drastiche e favorendo, invece, potature ordinarie, la disinfezione degli attrezzi di potatura, l’allontanamento dal campo dei residui colturali e la loro distruzione, la rimozione delle parti secche alla prima comparsa dei sintomi. Andrebbe tuttavia definita l’altezza del taglio al di sotto degli assi vegetativi infetti. La spollonatura, infine, eviterebbe l’infezione pericolosissima delle porzioni basali degli olivi, che si diffonderebbe nel resto dell’albero secondo giusto il gradiente del flusso xilematico e comprometterebbe la vicina ceppaia. L’altro strumento essenziale, infatti, è costituito dal controllo proprio degli insetti vettori, praticabile sia con trattamenti insetticidi che con l’eliminazione delle infestanti che ospitano gli stadi giovanili dei Cicadellidi, attraverso una opportuna gestione del suolo. A tal proposito, il Commissario straordinario per l’emergenza, Gen. Giuseppe Silletti, ricordando la gravità della epidemia in atto nella provincia di Lecce, ha evidenziato i buoni risultati ottenuti nei mesi scorsi dalla attuazione del piano di contenimento. Il controllo meccanico primaverile delle malerbe ha permesso, infatti, da solo, la riduzione di circa il 90% della presenza del vettore negli oliveti salentini. L’impegno proseguirà con la necessaria revisione del piano, alla luce delle recenti acquisizioni scientifiche, e con la sua puntuale esecuzione, auspicando la collaborazione degli enti locali e delle associazioni di produttori. La diagnosi precoce per l’individuazione rapida degli alberi infetti rappresenta, infine, un ulteriore strumento di controllo della malattia. Nel caso dell’olivo misure del flusso di linfa xilematica e di traspirazione potrebbero costituire strumenti per la prevenzione precoce. Cristos Xiloyannis, professore ordinario di arboricoltura all’Università della Basilicata, ha posto l’accento sul miglioramento del “sistema immunitario” dell’oliveto, viste anche le esperienze effettuate con altri batteri sul altre specie arboree da frutto: una gestione sostenibile del sistema frutteto riuscirebbe a contenere la presenza della Xf. Convivere con essa sarebbe possibile intervenendo con le buone pratiche agricole, per limitarne la diffusione e recuperare gli alberi infetti. Pratiche quali disinfettare gli attrezzi di potatura, evitare il trasporto di attrezzi, macchine e materiali da campi infetti, potare gli alberi infetti dopo aver potato gli altri sono accorgimenti tecnici di base che, integrati con i trattamenti rameici, riducono significativamente la carica batterica e prevengono l’infezione. Gestione del suolo, della chioma, della concimazione sarebbero tre strumenti agronomici che aumenterebbero la capacità degli alberi di contrastare gli stress biotici e abiotici. La gestione sostenibile dovrebbe essere diffusa e adottata non solo negli areali olivicoli infetti da Xf , ma in tutte le aree agricole!

Conclusioni

Ci sono molte tecniche che si possono applicare e che probabilmente risulteranno utili per il monitoraggio e il controllo della batteriosi da Xf-CoDiRO. Per verificarne utilità ed efficacia tuttavia è indispensabile la sperimentazione di campo il cui esito, in termini di risultati spendibili ed arco temporale, non è in questo momento prevedibile. La batteriosi da Xf pauca sull’olivo è una malattia emergente che non ha riscontri in altre parti del mondo. Le strategie di controllo devono prevedere necessariamente un approccio interdisciplinare, in cui vengono applicate misure derivate dalla ricerca di base e applicata, tenendo conto anche delle esperienze pregresse su altre colture arboree. E’ indispensabile, inoltre, il coordinamento e l’integrazione delle azioni coerenti di gestione in tutte le diverse fasce del territorio salentino per avere efficacia su ampia scala. E’ altrettanto indispensabile attuare le misure di contenimento richieste a livello europeo per evitare facili ritorsioni commerciali che colpirebbero in maniera ancor più grave oggi l’agricoltura e l’economia pugliese, domani quelle italiane. Così ha concluso il prof. Riccardo Gucci, nelle vesti di presidente dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio. L’invito del coordinatore del Gruppo di Lavoro Olivo e Olio della SOI è quello di sollecitare i Colleghi del GdL ad organizzare momenti successivi di incontro multidisciplinare sull’argomento, coinvolgendo altre istituzioni scientifiche. La SOI e l’Accademia si rendono fin d’ora disponibili ad offrire tutte le loro diverse competenze e professionalità, scientifiche e tecniche, per la costituzione di tavoli di lavoro operativi e la redazione di specifici protocolli per il controllo della epidemia di Xf-CoDiRO.